sabato 21 luglio 2012

L’ANPI NAZIONALE: “Il 25 aprile, l’1 maggio e il 2 giugno non si toccano"



“Il 25 aprile, l’1 maggio e il 2 giugno non si toccano. 
Sono i valori su cui si fonda la Repubblica”

Non ci si dica che non ci sono altri strumenti per incrementare la produttività e far crescere il P.I.L.; ci sono provvedimenti in corso di esame, da tempo preannunciati, di cui si può accelerare l’iter; e ce ne sono altri, da molti invocati (la patrimoniale, per fare un esempio) che a torto si finge di ritenere improponibili


Secondo notizie di stampa, il Governo si appresterebbe a procedere ad alcuni accorpamenti di festività, per aumentare la produttività. Nella “scure” incapperebbero anche le tre festività ben note per essere state già oggetto di tentativi analoghi (25 aprile, 1 maggio, 2 giugno). Dobbiamo essere estremamente chiari: non abbiamo – ovviamente – obiezioni di fronte ai sacrifici che possono essere chiesti ai cittadini in una fase difficile per il Paese; ma che si debba rinunciare alla storia, a quelli che sono i fondamenti comuni del nostro vivere civile, ci sembra davvero troppo. Ci sono festività che nascono da consuetudini o semplici abitudini, che forse possono consentire qualche operazione. Altre, come quelle citate, rappresentano il nostro passato migliore, i valori su cui si fonda la nostra Repubblica: sono, in una parola, la nostra storiaE non vanno toccate. Non ci si dica che non ci sono altri strumenti per incrementare la produttività e far crescere il P.I.L.; ci sono provvedimenti in corso di esame, da tempo preannunciati, di cui si può accelerare l’iter; e ce ne sono altri, da molti invocati (la patrimoniale, per fare un esempio) che a torto si finge di ritenere improponibili.Si faccia quello che occorre, per salvare il Paese da una crisi che non ci dà tregua. Ma si lasci al Paese la sua storia, si conservino i suoi valori, quelli a cui la stragrande maggioranza dei cittadini continua a richiamarsi. Questa è la richiesta che formuliamo alle istituzioni pubbliche e in particolare al Governo. Alle nostre organizzazioni rivolgiamo l’invito ad una mobilitazione immediata e diffusa, assumendo ogni possibile iniziativa, coinvolgendo i parlamentari e le istituzioni territorialmente competenti, sollecitando l’adesione e l’impegno dei cittadini. Il gravissimo proposito che è stato enunciato dalla stampa, se corrispondente ai reali intenti del Governo, dev’essere sventato e respinto, prima di tutto dalla coscienza civile e democratica del popolo italiano.



Roma, il 17 luglio 2012                                               
LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI


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martedì 17 luglio 2012

Report giovedì 12 luglio



  1. Breve relazione da parte delle nostre rappresentanti che hanno partecipato all’incontro organizzato da SEL sul ruolo della donna nel XXI sec., incontro che è stato giudicato positivo anche se con scarsa presenza di pubblico.
  2. Dal coordinamento regionale arriva la sollecitazione a raccontare quanto fatto da parte dei singoli comitati sul tema della rappresentanza; prioritario appare il tema della democrazia partecipata in vista di una mobilitazione anche nazionale. Il CP deve avere, da parte del territorio, sollecitazioni che devono rappresentare anche una legittimazione a muoversi in modo più deciso. Da questo punto scaturisce una discussione su due ordini di temi: siamo Donne del 13 o Comitato SNOQ – Siena e quale è il nostro progetto politico?
  3. Ampia discussione, soprattutto su quest’ultimo interrogativo, con posizioni anche molto diversificate, dalla quale sono comunque emersi alcuni punti comuni:
  • la nascita di SNOQ è stata determinata dal fallimento della politica, dalla crisi dei partiti e dalla loro incapacità di elaborare progetti;
  • il nostro progetto politico è la politica stessa, soprattutto in questo momento di carenza di democrazia che rende possibile qualunque epurazione;
  • la politica non deve essere limitata al solo livello cittadino, ma estendersi anche a livello nazionale;
  • SNOQ è nato come movimento trasversale, ma continuare a essere tale significa abiurare, c’è bisogno di impegno; la politica di genere deve avvenire all’interno di un movimento più vasto, in quanto l’unico modo che abbiamo di incidere a favore delle donne è quello di incidere sulla politica del paese, dobbiamo quindi modificare il modo di fare politica che, in tutti i partiti, è un modo di fare politica maschile e di destra;
  • le donne sono destruenti perché sono state tenute fuori dal sistema, di conseguenza hanno un modo di fare politica che non si integra con il sistema ma lo distrugge.

lunedì 16 luglio 2012

Forse non tutte sanno che...

Accadeva nel luglio 1970

Nel luglio 1970 viene pubblicato il “Manifesto di rivolta femminile” che, dopo una citazione di Olympe de Gouges, del 1791:

Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?
                                                                                             
Inizia affermando: “La donna non va definita in rapporto all'uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra libertà. 
L'uomo non è il modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé da parte della donna.” 
 

Per il testo integrale, di circa una pagina: http://www.universitadelledonne.it/riv-femm.htm

Il Manifesto è una lucida e dolente analisi delle cause della cosiddetta “sussidiarietà femminile”
Alcune parti, oggi, possono sembrare obsolete, ma non bisogna dimenticare che, in Italia, nel 1970:

1. non era ancora sancita per legge la parità fra i coniugi (La legge di  Riforma del diritto di famiglia è del 1975)

2. non  esisteva il divorzio (la legge è del dicembre 1970 ma il Referendum che ne negò l’abrogazione è del 1974)
            

3. l’aborto, sotto qualunque forma,  era un reato contro l’integrità e la sanità della stirpe (la legge 194 è del 1978)
                                                                                                   
4. era ancora in vigore il delitto d’onore (abrogato nel  1981) 


5. lo stupro non era un reato contro la persona ma solo contro la moralità pubblica (e tale resterà fino al 1996)
                                                                                                 
In alcune parti, il Manifesto è di una attualità oserei dire agghiacciante, considerato che sono passati oltre 40 aa
“Noi identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere. 
Permetteremo ancora quello che di continuo si ripete al termine di ogni rivoluzione popolare quando la donna, che ha combattuto insieme con gli altri, si trova messa da parte con tutti i suoi problemi? 
Detestiamo i meccanismi della competitività e il ricatto che viene esercitato nel mondo dalla egemonia dell'efficienza. Noi vogliamo mettere la nostra capacità lavorativa a disposizione di una società che ne sia immunizzata. “

sabato 14 luglio 2012

Forse non tutte sanno che...


Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina

Olympe de Gouges





La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino del 1789 
(Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen), elaborata nel corso della Rivoluzione francese, contiene una solenne elencazione di diritti fondamentali dell'individuo e del cittadino  e, generalmente, si dice e si scrive che abbia rappresentato uno dei più alti riconoscimenti della libertà e dignità umana (diritto alla libertà della persona, alla proprietà, alla sicurezza, alla resistenza all’oppressione)…
Peccato che tali diritti  venissero riconosciuti solo all’uomo, cioè al  maschio, tanto per  sfatare il mito  che ci hanno propinato per anni, anche a scuola, che  “quando si dice uomo si intende anche la  donna”
Alle donne, che pure avevano attivamente partecipato alla Rivoluzione,  fu negata, così,  la qualifica di cittadine e, di conseguenza, ogni diritto civile.

venerdì 13 luglio 2012

Forse non tutte sanno che...

A proposito di violenza sulle donne

In Italia, il “delitto d’onore” , che concedeva pesanti attenuanti al maschio che uccideva una donna della famiglia perché “disonorata”,  fu abolito il 5 agosto 1981 dalla legge 442 che abrogò l’art. 587, che recitava….
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

La stessa legge abrogò l'articolo 544 che sanciva il cosiddetto “matrimonio riparatore”  in base al quale il reato di stupro veniva cancellato  se lo stupratore sposava la vittima
 «Per i delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530, il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali»
L’anomalia e l’arretratezza culturale che sottendevano ad entrambe le attenuanti erano state denunciate, e ridicolizzate, in due films, rispettivamente:
“Divorzio all’italiana” di Pietro Germi (1961)
“La moglie più bella” di Damiano Damiani (1970)
In quest’ultimo veniva raccontata la storia di Franca Viola, figlia di contadini,  che a 17 anni, nel 1965, era stata rapita, sequestrata per 8 giorni e stuprata da un boss locale del quale aveva più volte respinto le avances.
Sostenuta dalla famiglia,  rifiutò  il matrimonio riparatore  denunciando la violenza e facendo condannare il colpevole ed i suoi complici, nonostante le intimidazioni e le ritorsioni delle quali fu vittima insieme ai suoi parenti.
Divenne, così, un simbolo non solo  per le donne che lottavano contro la  violenza e per l’emancipazione, ma anche per la crescita socioculturale di tutta l’Italia.
Anche se le interpellanze parlamentari fiorirono, così come il dibattito nel Paese, la  legge rimase  in vigore per oltre 15 anni, fino al 1981.
NB: Il reato di stupro rimase “reato contro la morale pubblica e il buoncostume” fino al 1996 quando, grazie alla mobilitazione ed alle battaglie delle donne, divenne un reato contro la persona.

sabato 7 luglio 2012

Report 3 luglio 2012


I punti discussi sono stati:

1)polemiche comparse sul Web a proposito del festival Arta

-E’stato  precisato da chi aveva scritto l’intervento postato su FB a nome del gruppo, che l’intervento era stato  concepito come bozza preliminare da discutere all’interno del gruppo (in tal senso era da intendere la richiesta di renderlo pubblico) , per valutare e confrontare  eventuali pro e contro dell’evento e che l’equivoco sulla destinazione era nato dalla sua scarsa familiarità con le mailing lists.

-Diverse, pur ritenendola una valida iniziativa da pubblicizzare e sostenere come SNOQ, tanto più che è organizzata da una di noi, hanno confermato le loro perplessità nei confronti della filosofia sottesa al festival, ritenendolo eccessivamente elitario, e, con argomentazioni leggermente diverse, non hanno condiviso  gran parte del contenuto ed  hanno criticato decisamente la scelta di firmarlo come “donne del 13 febbraio di Siena” sul Web , posizione largamente condivisa dalle altre.

-Chi ha pubblicato il post su FB ha ammesso di aver vissuto le parole di critica (riportate come commento alla pubblicizzazione dell’evento)  come una provocazione e di aver sentito la necessità di rispondere a breve giro, equivocando sulla disponibilità del gruppo a firmare come tale, ed essendosi ritenuta autorizzata da una generale condivisione delle tesi esposte da parte della  maggioranza delle donne contattate telefonicamente