La nostra risposta all'articolo del Corriere di Siena
"Fra strumentalizzazioni e femminismo di maniera il tessuto
sociale cambia e la città non è più sicura"
"Fra strumentalizzazioni e femminismo di maniera il tessuto
sociale cambia e la città non è più sicura"
pubblicato il 6 marzo 2013, in cui siamo state chiamate in causa.
Gentile Redazione del Corriere di Siena,
Vi scriviamo per rispondere alla vostra presa di posizione rispetto al nostro comunicato stampa, scaturito dalla locandina del vostro giornale di lunedì con il richiamo per la notizia del barbaro omicidio avvenuto a Siena.
Non vi nascondiamo che
ci aspettavamo una reazione dal vostro giornale, quello che ci ha stupito è che
fosse affidata ad una giornalista.
Come certamente saprete,
attualmente c'è un grande dibattito a livello nazionale su come vengono
presentate le notizie relative ai femminicidi, spesso associati a troppo amore,
a delusione, ad amore tradito oppure allo stato della donna usato come pretesto
per giustificare il raptus omicida.
La
scrittrice Michela Murgia da tempo nel suo blog analizza le notizie di questo
tipo per come vengono riportate dalle testate più importanti e le riscrive,
senza omettere alcuna informazione, ma semplicemente evitando implicite
giustificazioni o presunte cause indotte dallo stato della
assassinata.
Appunto, lo stato della
donna, come ci ha segnalato la giornalista, che non può essere assunto però come
implicita causa dell'assassinio: l'uso strumentale dello "stato" di prostituta
nei titoli di stampa niente ha a che vedere con il dovere del giornalista di
informare e raccontare la verità.
Ed
è proprio questo che noi abbiamo contestato nel nostro comunicato stampa,
puntando il dito su un fenomeno che, diversamente da come espresso dalla
giornalista, non riguarda Siena e il suo desolante declino ma la solita cultura
maschile sul senso di proprietà ancora presente e pressante sulle donne e sul
loro corpo, che purtroppo permea la nostra società.
Ciò che abbiamo trovato
inaccettabile è stato il fatto che in un periodo come questo, nel mezzo delle
vicissitudini che la nostra città sta vivendo, ci si accusi di approfittare di
una notizia di cronaca nera per gettare discredito sulla nostra comunità e
soprattutto per farci pubblicità a ridosso dell'8 Marzo.
Questa sì che è una
strumentalizzazione!
E
per questo motivo abbiamo deciso di inviarvi la nostra risposta solo oggi,
perché per noi anche i messaggi non scritti sono importanti e non volevamo
polemizzare su un tema cosi importante proprio nel giorno della festa di tutte
le donne.
Noi non abbiamo mai
smesso di lottare per la dignità di tutte donne:
c'eravamo il 25 Novembre
in occasione della giornata mondiale contro la violenza degli uomini sulle
donne, quando abbiamo organizzato l'installazione alla Lizza con 116 paia di
scarpe a simbolo delle 116 donne ammazzate nel 2012 sino a quel giorno compreso;
c'eravamo il 14 Febbraio quando abbiamo partecipato all'evento mondiale del One
Billion Rising sempre sullo stesso tema; c'eravamo anche l'8 Marzo dell'anno
scorso quando per via Banchi di Sopra abbiamo organizzato un flash mob molto
partecipato anche dalle generazioni più giovani che esibivano cartelli con i
nomi delle donne ammazzate dai "loro" uomini e le modalità efferate con cui
erano state finite.
Piccole cose, certo,
utili però per mantenere alta l'attenzione e per sensibilizzare la
comunità.
E
non eravamo sole ma unite con tante altre donne che da sempre si impegnano per
il rispetto della dignità di tutte.
Allora ci chiediamo se
la giornalista non sia stata lo strumento inconsapevole di chi ha scritto quella
locandina, se lei stessa condivida completamente sia il messaggio esplicito che
quello subliminale sottinteso (in fondo col lavoro che faceva un po' se lo è
andato a cercare).
Non credete che la
stampa abbia delle responsabilità e dovrebbe assumersi anche un ruolo educativo
e non solo informativo/commerciale, soprattutto per rispetto delle donne
redattrici che hanno lottato per affermare veramente la loro
emancipazione?
Forse se la stampa a
Siena fosse stata un poco più libera ed esposta la grave crisi anche morale che
la città sta vivendo sarebbe stata più contenuta.
Ci spingiamo anche
oltre, affermando che l'inadeguatezza del linguaggio giornalistico va molto al
di là del tema del femminicidio. C'è una continua ricerca del sensazionale, un
modo di presentare i fatti che rivelano un’attenzione rivolta solamente alla
storia personale e l'incapacità di legarla a quella collettiva, cosa che
garantirebbe una lettura più ampia e obiettiva della società nella quale stiamo
vivendo.
Comunque su questi temi
siamo a disposizione per avere con voi un confronto sincero e non condizionato
da pregiudizi o stereotipi che, vi garantiamo, non ci appartengono.
Forse incontrandoci e
confrontandoci potremo evitare fraintendimenti futuri e probabilmente,
nonostante la dialettica, comprenderci meglio.
Condivido! Le donne siamo noi, qualunque professione svolgano ; così come una persona di diverso colore ha il sangue dello stesso colore di tutti, dovrebbe essere ovvio che ogni donna ha diritto al rispetto come ogni essere umano su questa terra! Ancora una volta una sorta di "razzismo" verso le donne propone "distinguo" inaccettabili!
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