venerdì 2 settembre 2011

Le Donne del 13 Febbraio di Siena- Comitato Se Non Ora Quando aderiscono allo sciopero del 6 settembre 2011, indetto dalla CGIL.

Nell’ultimo mese abbiamo letto e udito dal governo le proposte più indecenti che dimostrano l’inaffidabilità e l’incapacità della maggioranza di gestire la cosa pubblica.
L’assenza di una seria progettualità suscita in noi una grande preoccupazione in particolare perché questa manovra che cambia continuamente aspetto, fa presagire un futuro di precarietà, solitudini, forti disuguaglianze sociali.
In questo quadro già di per sé allarmante, sappiamo che le donne pagheranno il prezzo più alto.
I tagli alla spesa pubblica e agli Enti Locali si tradurranno inevitabilmente nella riduzione drastica di servizi, già di per sé insufficienti a garantire un reale sostegno alle famiglie, in un paese dove culturalmente il lavoro di cura è affidato esclusivamente alle donne. Per le giovani donne tutto questo si traduce nel rinvio o nella rinuncia definitiva alla maternità.
In Italia meno della metà delle donne lavora e la maggior parte di queste sono precarie; nonostante ciò, questa manovra non lascia intravedere nessuna riforma strutturale che modifichi lo stato delle cose.
I dati ci dicono anche che è crescente il numero di donne che non cerca più lavoro: non cercare più lavoro significa arrendersi alla propria condizione di subordinazione, chiudersi all’interno della famiglia che non sempre si rivela così protettiva, mettere una forte ipoteca sul proprio futuro rinunciando alla sicurezza della pensione.
Inoltre i continui balletti intorno alla riforma del sistema pensionistico, non tengono conto del doppio lavoro svolto dalle donne dentro e fuori casa.
Le conseguenze di tutto questo influiscono negativamente sul percorso di emancipazione e di autodeterminazione delle donne, riducendo gli spazi di libertà e di scelta che ognuna ha faticosamente conquistato.
Le donne del tredici febbraio di Siena, il 6 settembre scenderanno in piazza a fianco della CGIL per affermare i valori della partecipazione politica, della libertà, della responsabilità, dell’equità, della dignità del lavoro.

Lettera di Anna Maria Romano

Prosegue lo scambio di contributi sulla crisi economica e sulla manovra finanziaria...
Pubblichiamo di seguito le riflessioni di Anna Maria Romano, la compagna del comitato SNOQ di Firenze che insieme ad altre ha dato un grande aiuto organizzativo durante "la due giornate".

Ho provato ad andare in ferie liberando la mente, ma la realtà è stata in agguato.
Stasera il senso di amarezza è rabbia si fa straripante: questa manovra, così come viene presentata oggi, è ancora peggiore della prima versione.
Io mi sono stufata e voglio dire basta.
Ancora evasori salvati, ancora i furbi, ancora una visone piccola, miope, da impero decadente della società e dello stato, invece di equità fiscale, di interventi strutturali e solidali verso le generazioni, capaci di parlare di futuro, di costruire un senso nuovo di società ed economia.
Anche la memoria vogliono portarci via: 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno sono simboli del valore laico dello Stato, del lavoro e della Democrazia. Non sanno nemmeno che significa!
E noi donne paghiamo più di tutti, ancora una volta.
Le pensioni, discorso già fatto, ma con l’aggiunta fantasiosa del taglio alle pensioni di reversibilità, che, nel modello sociale familistico in cui sono maturate, in cui il lavoro delle donne era marginale rispetto a quello dell’uomo, secondario e meno pagato e quindi generava pensioni al minimo per le donne, sono state strumento di equità. Via, un bel taglio.
Sanità, che colpisce tutti, ma le donne in modo particolare: pensate a quanto costa una mammografia e quante donne, in questa fase di povertà crescente, rinunceranno ad un esame non necessario, ma “solo” preventivo. I tagli agli anestesisti: non ci sarà spazio per l’epidurale durante i parti, gli anestesisti residui saranno dove sono indispensabili e così potremo continuare a partorire con dolore, secondo i dettami biblici. I consultori, i mediatori linguistici…..quanto resterà dopo i tagli?
L’art. 8, che di fatto, consente di derogare al contratto nazionale in termini e di licenziamenti (In pratica, in caso di licenziamento senza giusta causa il lavoratore ha diritto a un indennizzo economico e non più al reintegro nel posto di lavoro come prevede l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) colpiranno le donne per prime, e non è vittimismo, ma solo la realtà dei numeri che emergono dalla crisi.
la vicenda ma.vib docet: il lavoro delle donne deve tornare ad essere residuale e non una scelta di autodeterminazione. Donne non come soggetti e persone, ma solo come parte di una “famiglia”.
L’unica cosa che cresce ancora è il precariato.
Ma d’altra parte questa idea sociale è necessaria a sostenere le deficienze di welfare e servizi. I tagli agli enti locali a questo portano: meno servizi all’infanzia, alla non autosufficienza, meno trasporti pubblici.
Si modella ancora di più una società precaria, di solitudine, in cui si sbriciola il senso di comunità a favore della furbizia e dell’individualismo
Io non lo voglio un futuro così. Non lo voglio per me e non lo voglio per mia figlia, non lo voglio per nessuno.
Non voglio vivere per sopravvivere, ma voglio il futuro.

Il 6 settembre sciopererò (lo farò anche per tutti coloro che non hanno più nemmeno questo diritto, troppo precari, partite iva, disoccupati, ecc.), ma non mi basta.
Vorrei che il 6 fosse il bandolo i una matassa di indignazione ed incazzatura capace di sommergere a valanga questo governo.
E vorrei anche che noi donne (e non solo) del 13 febbraio riprendessimo la strada delle piazze e trascinassimo ancora una volta quel pezzo di mondo che non ci sta a dire forte e chiaro che società diversa vogliamo.
A partire dalla rappresentanza, dalla cultura, dalla scuola, dall’equità fiscale, dal lavoro libero e scelto, dalla politica di partecipazione, da un’idea di responsabilità comune, di collettività, di comunità che nasce nel piccolo e che diventa “società”.

Il 6 sarò in piazza con la CGIL e non solo perché è “casa mia”: ci sarò perché non ci riesco proprio più a stare zitta. E senza troppi “se” e troppi “ma” bisogna riempire le strade e spegnere “la banalità del male”.

giovedì 1 settembre 2011

Dicono di noi.

Sul blog del comitato promotore hanno pubblicato due articoli della stampa estera sulla questione femminile italiana.
Ve li segnaliamo
The Berlusconi sex scandal explained
Naissance d'un mouvement féministe

domenica 28 agosto 2011

Lettera di Sonia Tsevrenis

Pubblichiamo qui di seguito la lettera di Sonia Tsevrenis, che contribuisce ad arricchire la riflessione sulla crisi economica e sulla manovra finanziaria, anche in vista dell'imminente incontro con la CGIL.

La CGIL invita il nostro gruppo a un incontro prima dello sciopero del 6 settembre.
In quest’estate impazzita abbiamo letto e udito dal governo le proposte più indecenti, tutte tese a colpire le persone che già pagano a caro prezzo il peso di questa crisi demenziale. Naturalmente si sprecano le proposte che prendono di mira le donne e la loro vita.
A questo proposito, penso che se le donne del 13 febbraio si presentano al tavolo della CGIL dovrebbero per lo meno avere non dico una loro piattaforma ma una chiarezza su alcuni punti che ci sono specifici e che vengono menzionati da Michela Pereira e Albalisa nella loro mail.
Ci si potrebbe scambiare velocemente dei pareri su quali di questi punti insistere? Non dimentichiamo che nonostante abbia eletto una donna al suo vertice, la CGIL resta un’istituzione molto maschile e non so quanto peso vi abbia il parere delle donne. E’ possibile che questo nostro gruppo possa instaurare un rapporto fruttuoso con una rappresentanza di sindacaliste per portare avanti una battaglia sulle nostre richieste condivise?
Intanto le proposte del governo.
1) Aumentare l’età pensionabile fino a 67 anni, inaccettabile se si pensa al doppio lavoro dentro e fuori casa fatto dalle donne.
2) Cancellazione della reversibilità della pensione, un’ulteriore attacco alle donne anziane, nel momento di massima fragilità fisica e psichica, che non hanno mai avuto un reddito non ‘perché non hanno mai lavorato’ come dice quel delinquente di Calderoli, ma perché non hanno trovato lavoro, perché la mentalità maschile arretrata di questo paese le ha relegate in casa, nel lavoro di cura che non conosce né età pensionabile né fine se non con la morte. Da respingere con tutte le nostre forze.
3) Dimissioni in bianco fatte firmare a giovani donne in vista di una possibile maternità. Questo merita una battaglia totale.
4) Una qualche forma di tutela maternità per le donne che hanno contratti a termine. Necessaria in un paese di vecchi come il nostro,
5) Una battaglia per la costruzione di nuovi asili nido, o di altre forme di aiuto alla donna lavoratrice (in Francia e in Germania esistono varie forme di aiuto tipo la tagesmutter, letteralmente la mamma di giorno, cioè piccole strutture famigliari di donne che mettono a disposizione la loro casa con tutti i crismi della legalità e del controllo sanitario per ospitare dei bambini, non più di cinque, per un determinato numero di ore durante la giornata; esistono anche strutture per il tempo libero per i più grandi, dove fanno sport, giocano insieme: da noi al di fuori dell’oratorio che cosa c’è?)
6) Una qualche forma di pensione (che non sia quella sociale di 450 euro) alle donne che tutta la vita hanno fatto il lavoro di cura e che ora si accollano tutto il peso del welfare carente del nostro paese: cura dei nipotini, cura dei genitori anziani e malati: Sembra una richiesta impossibile, a me pare sacrosanta.
7) Ci sono donne immigrate nel nostro paese che sembrano a loro volta nel ‘problema’ femminile un sotto problema in quanto straniere, trattato a parte. Le femministe non se ne sono molto occupate, forse dovremmo smettere di pensare che sono un ‘problema’ specifico dell’immigrazione ma piuttosto un delle tante facce dello sfruttamento femminile.
8) Esiste nel sindacato la pratica delle quote rosa? Metà uomini e metà donne? Se no, sarebbe il momento di rivendicarle!
Tralascio altre questioni sulla condizione delle donne che dovremmo davvero affrontare, ma questa del reddito che consente alle donne di vivere e sopravvivere senza dipendere da un uomo o dalla famiglia mi sembra di grande urgenza.
Sono spunti buttati lì, spero che ne potremo parlare. Sonia T