venerdì 2 settembre 2011

Lettera di Anna Maria Romano

Prosegue lo scambio di contributi sulla crisi economica e sulla manovra finanziaria...
Pubblichiamo di seguito le riflessioni di Anna Maria Romano, la compagna del comitato SNOQ di Firenze che insieme ad altre ha dato un grande aiuto organizzativo durante "la due giornate".

Ho provato ad andare in ferie liberando la mente, ma la realtà è stata in agguato.
Stasera il senso di amarezza è rabbia si fa straripante: questa manovra, così come viene presentata oggi, è ancora peggiore della prima versione.
Io mi sono stufata e voglio dire basta.
Ancora evasori salvati, ancora i furbi, ancora una visone piccola, miope, da impero decadente della società e dello stato, invece di equità fiscale, di interventi strutturali e solidali verso le generazioni, capaci di parlare di futuro, di costruire un senso nuovo di società ed economia.
Anche la memoria vogliono portarci via: 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno sono simboli del valore laico dello Stato, del lavoro e della Democrazia. Non sanno nemmeno che significa!
E noi donne paghiamo più di tutti, ancora una volta.
Le pensioni, discorso già fatto, ma con l’aggiunta fantasiosa del taglio alle pensioni di reversibilità, che, nel modello sociale familistico in cui sono maturate, in cui il lavoro delle donne era marginale rispetto a quello dell’uomo, secondario e meno pagato e quindi generava pensioni al minimo per le donne, sono state strumento di equità. Via, un bel taglio.
Sanità, che colpisce tutti, ma le donne in modo particolare: pensate a quanto costa una mammografia e quante donne, in questa fase di povertà crescente, rinunceranno ad un esame non necessario, ma “solo” preventivo. I tagli agli anestesisti: non ci sarà spazio per l’epidurale durante i parti, gli anestesisti residui saranno dove sono indispensabili e così potremo continuare a partorire con dolore, secondo i dettami biblici. I consultori, i mediatori linguistici…..quanto resterà dopo i tagli?
L’art. 8, che di fatto, consente di derogare al contratto nazionale in termini e di licenziamenti (In pratica, in caso di licenziamento senza giusta causa il lavoratore ha diritto a un indennizzo economico e non più al reintegro nel posto di lavoro come prevede l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) colpiranno le donne per prime, e non è vittimismo, ma solo la realtà dei numeri che emergono dalla crisi.
la vicenda ma.vib docet: il lavoro delle donne deve tornare ad essere residuale e non una scelta di autodeterminazione. Donne non come soggetti e persone, ma solo come parte di una “famiglia”.
L’unica cosa che cresce ancora è il precariato.
Ma d’altra parte questa idea sociale è necessaria a sostenere le deficienze di welfare e servizi. I tagli agli enti locali a questo portano: meno servizi all’infanzia, alla non autosufficienza, meno trasporti pubblici.
Si modella ancora di più una società precaria, di solitudine, in cui si sbriciola il senso di comunità a favore della furbizia e dell’individualismo
Io non lo voglio un futuro così. Non lo voglio per me e non lo voglio per mia figlia, non lo voglio per nessuno.
Non voglio vivere per sopravvivere, ma voglio il futuro.

Il 6 settembre sciopererò (lo farò anche per tutti coloro che non hanno più nemmeno questo diritto, troppo precari, partite iva, disoccupati, ecc.), ma non mi basta.
Vorrei che il 6 fosse il bandolo i una matassa di indignazione ed incazzatura capace di sommergere a valanga questo governo.
E vorrei anche che noi donne (e non solo) del 13 febbraio riprendessimo la strada delle piazze e trascinassimo ancora una volta quel pezzo di mondo che non ci sta a dire forte e chiaro che società diversa vogliamo.
A partire dalla rappresentanza, dalla cultura, dalla scuola, dall’equità fiscale, dal lavoro libero e scelto, dalla politica di partecipazione, da un’idea di responsabilità comune, di collettività, di comunità che nasce nel piccolo e che diventa “società”.

Il 6 sarò in piazza con la CGIL e non solo perché è “casa mia”: ci sarò perché non ci riesco proprio più a stare zitta. E senza troppi “se” e troppi “ma” bisogna riempire le strade e spegnere “la banalità del male”.

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