sabato 17 settembre 2011

fino a dove...la nostra pazienza?

Questa mattina, sabato, ho assistito al solito dibattito su Omnibus/LA7, tutto incentrato naturalmente sulle ultime vicende del Satripo (potete vedere la puntata qui).
Ebbene non credevo alle mie orecchie, ormai abituate peraltro a tutto, ascoltando le parole di uno dei presenti, il giornalista Fabio Torriero,  il quale nel tentativo da prestigiatore di allontanare le responsabilità del suo datore di lavoro/Satripo, ha chiamato in causa niente popodimeno chi?  Ma il '68 e soprattutto lil movimento delle donne che, secondo lui, sono passate dal rivendicare l'UTERO ETICO con lo slogan "l'utero é mio e lo gestisco io" all'utero sul mercato. Tutto questo pronunciato con toni di grave e seria condanna morale.
Vorrei sottolineare che nessuno, dico nessuno dei presenti e della presente, visto che in collegamento c'era anche una giornalista del Foglio, hanno avuto un motto non  dico di sdegno, ma quantomeno di fastidio, anzi, sono iniziate e seguite per  tutto il tempo le solite risatine e i soliti ammicamenti tra compari che non mancano mai quando si parla di questi temi.
Ma fino a dove può davvero arrivare la nostra pazienza, fino a quando saremo disponibili a sopportare umiliazioni, rimozioni, negazione, cancellazioni (leggetevi il "bel" programma allegato) e quanta della nostra infinita forza siamo ancora disposte ad investire per continuare a sostenere questo paese con il nostro impegno. La manovra economica sta diminuendo il nostro potere sociale, lo abbiamo ripetuto più volte in questi giorni, declinando questo concetto in mille modi e con mille parole, ma é solo la punta di un iceberg la cui parte più pericolosa e distruttiva é fatta di strutture e modelli sociali e culturali duri a morire perché basati su un potere  che gli uomini non vogliono condividere.
Se dopo le manifestazione del 13 e l'incontro di Siena abbiamo avuto la tentazione di abbandonarci al trionfalismo della felicità e della libertà femminile, dovremmo assumerci di nuovo con autorevolezza e pubblicamente tutte insieme, la responsabilità di essere visibili e soprattutto soggetti di contrattazione politica.
Forse non siamo sufficientemente preparate ad affrontare la radicalità di un conflitto che investe in pieno i nostri corpi, le nostre relazioni affettive,  il cambiamento delle consuetudini, la decostruzione dell'ordine simbolico patriarcale, ma la sfida che il movimento delle donne tutto, quello più antico e quello più attuale, ha lanciato alla società e a sé stesso ha queste carateristiche e queste urgenze. Le difficoltà che ne derivano possono essere superate se socializzate da un movimento politico consapevole e in grado di costruire forza collettiva su questi piani.
Sappiamo che tanti Comitati, così come tanti gruppi, collettivi, associazioni di donne si impegnano ogni giorno nei rispettivi territori, ma dovremmo forse manifestare di nuovo nelle Piazze la nostra forza e soprattutto il nostro sdegno ed il nostro dissenso.
Un caro saluto a tutte Albalisa

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