giovedì 8 settembre 2011

Nella manovra bis l’ennesimo colpo alle lavoratrici.

Vi segnaliamo un articolo pubblicato su Delt@ dell'8 settembre.
 

DIRITTI. Nella manovra bis l’ennesimo colpo alle lavoratrici

 (Roma) La manovra rafforzata (da 49,8 miliardi a 54,2 miliardi), approvata ieri stasera al Senato con la fiducia, e che prevede, tra i tanti punti una più incisiva lotta all’evasione fiscale, l’aumento immediato dell’aliquota Iva del 20% al 21%, il contributo di solidarietà per redditi sopra i 300mila euro, la modifica del sistema previdenziale, il contributo di solidarietà per redditi  sopra i 300mila euro e l’anticipo al 2014 (rispetto al 2016) dell’inizio dell’innalzamento dell’età’ pensionabile per le donne del settore privato. I 65 anni, ossia l’equiparazione con le lavoratrici pubbliche, si raggiungerà gradualmente nel 2026.
Nessuna modifica per la norma contenuta nell’articolo 8 sui licenziamenti facili e volta a consentire deroghe all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Introdotta durante l’esame in Commissione bilancio, il governo non l’ha mai messa in discussione nonostante lo sciopero della Cgil, sostenendo essere una sollecitazione della Banca Centrale Europea.
Novità anche per le province: via gli accorpamenti per quelle sotto i 300.000 abitanti, ma una riforma complessiva costituzionale che porterà alla loro abolizione e al trasferimento delle loro funzioni alle regioni.
Salve le festività del 1* maggio, 2 giugno, 25 aprile mentre vengono accorpate alla domenica le feste patronali tranne quella di Roma di San Pietro e Paolo (29 giugno).
La Cgil, che ieri su tutto il territorio nazionale ha continuato la mobilitazione per dire no alle nuove modifiche della manovra bis, si è espressa criticamente sulle novità che riguardano l’aumento dell’Iva, l’aumento dell’età’ pensionabile per le donne e la ”beffa” della supertassa. Provvedimenti che allontanano da ogni ipotesi di crescita e colpiscono una volta di più i lavoratori e le lavoratrici, i pensionati e i giovani.
Critica sulle ultime modifiche anche la Cisl, che ribadisce ”la propria contrarietà sull’età’ pensionabile delle donne nel privato all’ulteriore avvicinamento al 2014 della partenza del percorso che porterà nel 2026 alla parificazione. La reintroduzione del contributo di solidarietà sui redditi più alti, sollecitata fortemente dalla Cisl, è purtroppo fortemente depotenziata dall’aver alzato a 300.000 euro il tetto da cui parte la tassazione aggiuntiva del 3%, mentre risulta totalmente assente la tassazione dei patrimoni immobiliari. La scelta di aumentare l’Iva dal 20% al 21%, sia pure limitata solo all’aliquota più alta, graverà sulla capacità di spesa dei redditi più bassi, senza che ci sia la necessaria contropartita della riduzione del carico fiscale su lavoratori e pensionati”.
Il progressivo innalzamento dell’età’ per la pensione delle lavoratrici del settore privato, scatta dunque dal 2014, in anticipo di due anni, e il raggiungimento dei 65 anni, quindi l’equiparazione dell’età con le lavoratrici del settore pubblico, avviene nel 2026. In sostanza il meccanismo di adeguamento viene anticipato di due anni rispetto a quanto previsto nel testo originale della manovra.
Resta invariata la scalettatura dell’aumento dell’età’. Il primo anno, nel 2014, l’aumento è di un mese (quindi il requisito per lasciare il lavoro diventa di 60 anni e un mese), il secondo anno aumenta di ulteriori due mesi, il terzo anno di tre mesi, il quarto anno di ulteriori quattro mesi, il quinto anno di cinque mesi. Dal sesto anno l’età’ sale più rapidamente, sei mesi l’anno, e dal sesto anno in poi fino al penultimo sei mesi ogni anno. Nell’ultimo anno saranno aggiunti ulteriori 3 mesi.
Per la segretaria confederale della Cgil, Vera Lamonica, questa decisione è l’ulteriore conferma che questo governo e la sua maggioranza sono  nemici delle donne “perché per costruire bilanciamenti ed accordi fra loro, la cosa più facile e’ stata quella di rendere più presente il colpo alle lavoratrici”.
“E’provvedimento che serve solo a ‘fare cassa’ e che nulla ha a che fare con la presunta parità di condizioni tra donne e uomini. La parità, infatti, non comincia dalle pensioni: nel nostro paese – ricorda Lamonica – la percentuale delle donne occupate è pari al 46%, al confronto della media europea che e’ del 60%, mentre i salari di quelle occupate sono più bassi del 30%, a parità di mansioni, di quelli degli uomini”.
Inoltre, prosegue, ”l’età reale di pensionamento delle donne e’ già oggi più alta di quella degli uomini ed e’ per questo che le lavoratrici sono quasi esclusivamente titolari delle pensioni di vecchiaia e ciò e’ dovuto al ritardato accesso al mercato del lavoro, alla frantumazione della vita lavorativa che spesso e’ piena di buchi contributivi dovuti al lavoro di cura che si scarica sulle spalle delle donne.
Altro che parità di condizioni – conclude Lamonica – ad iniquità si aggiunge iniquità”.
Le donne, non solo lavoreranno di più per raggiungere la pensione, ma per i tagli operati vedranno diminuire anche i servizi. “ Dunque – aggiunge Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato – molto più lavoro e molta più fatica”.
”Peraltro, e non stupisce, i risparmi di spesa derivanti dall’innalzamento dell’eta’ del pensionamento delle donne sono stati, una prima volta, destinati alle donne e poi ’scippati’ dal Governo. Stavolta – conclude Finocchiaro – l’esecutivo non voleva fare la fatica, così non li ha nemmeno destinati alle donne italiane. Se li prende e basta”.
Per l’UDI  Nazionale “In un colpo solo al ministro Sacconi riesce la “quadra”: offendere le donne, le suore, la CGIL e il buon gusto. Emulando il premier Berlusconi che momentaneamente ci risparmia  si  autopromuove barzellettiere in carica.
Alla  festa di Atreju 2011 organizzata dai giovani del Pdl il  ministro  Sacconi per difendersi dalle accuse di aver favorito con l’articolo 8 della Manovra i licenziamenti delle aziende, ha raccontato una barzelletta che lui stesso definisce “un po’ blasfema”.
Una truce e vecchia barzelletta su un gruppo di suore che vengono stuprate tranne una. Quale? Quella che ha detto No dice la barzelletta e dice Sacconi.
Il segretario della Cisl  Bonanni  siede senza battere ciglio al suo fianco.
(Delt@ Anno IX, n. 164 – 165 del 7 – 8 settembre  2011)

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