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sabato 9 marzo 2013

Risposta all'articolo del Corriere di Siena


La nostra risposta all'articolo del Corriere di Siena 
"Fra strumentalizzazioni e femminismo di maniera il tessuto 
sociale cambia e la città non è più sicura"
pubblicato il 6 marzo 2013, in cui siamo state chiamate in causa.


Gentile Redazione del Corriere di Siena,

Vi scriviamo per rispondere alla vostra presa di posizione rispetto al nostro comunicato stampa, scaturito dalla locandina del vostro giornale di lunedì con il richiamo per la notizia del barbaro omicidio avvenuto a Siena.
Non vi nascondiamo che ci aspettavamo una reazione dal vostro giornale, quello che ci ha stupito è che fosse affidata ad una giornalista.
Come certamente saprete, attualmente c'è un grande dibattito a livello nazionale su come vengono presentate le notizie relative ai femminicidi, spesso associati a troppo amore, a delusione, ad amore tradito oppure allo stato della donna usato come pretesto per giustificare il raptus omicida.
La scrittrice Michela Murgia da tempo nel suo blog analizza le notizie di questo tipo per come vengono riportate dalle testate più importanti e le riscrive, senza omettere alcuna informazione, ma semplicemente evitando implicite giustificazioni o presunte cause indotte dallo stato della assassinata.
Appunto, lo stato della donna, come ci ha segnalato la giornalista, che non può essere assunto però come implicita causa dell'assassinio: l'uso strumentale dello "stato" di prostituta nei titoli di stampa niente ha a che vedere con il dovere del giornalista di informare e raccontare la verità.
Ed è proprio questo che noi abbiamo contestato nel nostro comunicato stampa, puntando il dito su un fenomeno che, diversamente da come espresso dalla giornalista, non riguarda Siena e il suo desolante declino ma la solita cultura maschile sul senso di proprietà ancora presente e pressante sulle donne e sul loro corpo, che purtroppo permea la nostra società.
Se, quindi, abbiamo deciso di replicare al suo articolo non è per fomentare la polemica.

lunedì 4 marzo 2013

Uccisione giovane donna a Siena


Comunicato stampa

Dichiariamo pubblicamente tutta la nostra indignazione su come certa stampa ha raccontato la barbara uccisione di una giovane donna, fatto accaduto sabato scorso in via Vallerozzi.

Alcuni titoli di stampa hanno messo in evidenza soprattutto la sua condizione di "Prostituta" e non il fatto che una donna sia stata ammazzata.

L’ennesimo caso di EFMMINICIDIO è stato trattato come “carne da macello” da sbattere in prima pagina, magari per vendere una copia in più.

E’ stata uccisa ancora un’altra donna, punto. Non serve aggiungere altro.

Se non che dobbiamo pretendere sempre che chi fa il mestiere di giornalista, con senso di responsabilità e di rispetto, racconti un’altra storia. Anche nella “tranquilla” Siena.

Cogliamo l’occasione per augurare a tutte un felice e sereno 8 marzo. 
Da vive.


Firmato


S.N.O.Q. Siena (Se Non Ora Quando)

Le donne del ONE BILLION RISING



venerdì 15 febbraio 2013

One billion Rising Siena


"Un miliardo di donne violate è un'atrocità. Un miliardo di donne che danzano è una rivoluzione" lo slogan di Eve Ensler e con questo slogan anche le donne di Siena si sono unite alla danza planetaria che ieri, 14 febbraio, ha visto ballare nello stesso momento, le donne di 150 città in tutto il mondo: 202 Paesi, 5mila associazioni da New York a Londra. Un grido di ribellione "BREAK THE CHAIN" e un dito alzato al cielo contro la violenza sulle donne, i femminicidi, i soprusi.  
Postiamo il video del flashmob di Siena in Piazza Salimbeni.
Grazie a tutte le donne presenti per il calore, l' emozione, l' energia, l'appassionata partecipazione. 






sabato 2 febbraio 2013

"So cos'è la violenza sulle donne e dico basta ballando in piazza"


Eve Ensler si racconta


laRepubblica.it 
di Anna Bandettini - 01 febbraio 2013 

Sono sorprendenti già i numeri: 189 paesi nel mondo, oltre 70 città in Italia, 13mila organizzazioni femminili coinvolte, e milioni di donne e uomini che hanno aderito, dal Bangladesha a Roma, dal Dalai Lama alla pacifista Vandana Shiva, da Yoko Ono a Robert Redford, da Charlize Therona Anna Hathaway, Jessica Alba a Michelle Hunziker. Si stima che il 14 febbraio saranno un miliardo: donne e uomini insieme a ballare nelle piazze e nelle strade del mondo per One billion rising, il flash mob planetario contro la violenza sulle donne, la prima iniziativa mondiale per affermare il diritto alla vita e alla dignità delle donne, anche in paesi come l'Italia dove, nel 2012, ne sono state uccise 127 per mano maschile. «Un miliardoè il numero di donne violate nel mondo: è un'atrocità. Ma un miliardo di donne che danzano per strada nel mondo è una rivoluzione», dice Eve Ensler, 59 anni, indomita autrice dei celeberrimi Monologhi della vagina, manifesto della sessualità femminile e atto di denuncia delle violenze, tradotto in 48 paesi, e da vent'anni, nei "Vday" "recitato" in tutto il mondo.
Capelli neri corti, viso luminoso, infaticabile viaggiatrice per la causa delle donne, Eve Ensler, ad aprile in libreria con Nel corpo del mondo sulla sua esperienza col cancro,è la promotrice di One billion rising, che in pochi mesi ha mobilitato le donne di tutti gli angoli del pianeta in una protesta planetaria che cresce di minuto in minuto. «Uno tsunami», dice raggiante la Ensler.

venerdì 18 gennaio 2013

14 febbraio 2013 - ONE BILLION RISING


Per dire BASTA noi...BALLIAMO

Eve Ensler, autrice de testo I monologhi della vagina, attivista e fondatrice del V-Day, ha ideato la campagna globale ONE BILLION RISING, partendo da una sconvolgente statistica: una donna su tre verrà picchiata o violentata nel corso della sua vita. Con una popolazione mondiale di circa 7 miliardi di persone, questo vuol dire più di un miliardo di donne e ragazze.

Il 25 novembre ha aperto a Modena la campagna italiana:

"Svegliati! Balla! Partecipa!
UNAZIONE GLOBALE PER FERMARE LA VIOLENZA CONTRO LE BAMBINE, LE RAGAZZE, LE DONNE DEL MONDO"

La campagna, a cui hanno aderito attivisti e organizzazioni di 177 paesi, culminerà il 14 febbraio 2013, quando un miliardo di persone in tutto il mondo danzeranno insieme in segno di protesta. La Ensler parteciperà quel giorno a questo grande ballo collettivo dal Congo, dove sarà protagonista di un grande evento che chiuderà il suo tour internazionale a sostegno della campagna.
In Italia la campagna ONE BILLION RISING è affidata al comitato V-Day Modena, con il sostegno dell’Accademia Nazionale di Danza e del movimento Se Non Ora Quando?

Un miliardo di donne violate è unatrocità” sostiene Ensler, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione. L’obiettivo è infatti quello di creare attraverso il ballo una forma di protesta celebrativa e non violenta, con la volontà di trasformare il 14 febbraio 2013 in una giornata di riscatto universale contro le ingiustizie che le donne subiscono.
ONE BILLION RISING non appartiene ad alcuna organizzazione politica o partitica. È un evento autogestito a cui finora hanno aderito attivisti, artisti, ministri, leader di movimenti sociali, membri del parlamento e migliaia di associazioni e organizzazioni di tutto il mondo, da Amnesty International a Equality Now, con il supporto di testimonial come Naomi Klein, Jane Fonda, Robert Redford, Laura Pausini, Anne Hathaway.

IL VIDEO LANCIO DELL'INIZIATIVA



COME SARA' IL FLASHMOB: 
clicca sul link per vedere il  VIDEO >>


ONE BILLION RISING ANCHE A SIENA - PRESTO L'EVENTO SU FB CON INDICAZIONE DI LUOGO ORARIO 


lunedì 26 novembre 2012

the day after





giornata mondiale
contro la violenza sulle donne












Il giono dopo l'iniziativa organizzata per la giornata del 25 novembre (giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne) in Piazza Gramsci a Siena, si riassume nelle parole di Samantha:

Iniziativa partecipata.. molto.. dalle cittadine e dai cittadini della nostra città, che hanno dimostrato di essere molto sensibili al tema della violenza contro le donne, ci sono stati momenti di commozione.. e tantissimi  sono stati i messaggi che le persone hanno voluto liberamente lasciare  appesi ad i nostri fili... 99 pensieri sulla violenza.. messaggi che ci  fanno sperare che insieme possiamo cambiare la cultura che genera questo scempio.

La grande sensibilità dimostrataci ieri ci fa essere ancora più tenaci in quest'impegno collettivo. 

GRAZIE A TUTTE/I!!! 

Samantha 



giovedì 22 novembre 2012

25 novembre-Giornata mondiale contro la violenza di genere


Comunicato stampa 

Con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 25 novembre Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, Le donne del 13 febbraio-SNOQ Siena propongono alle cittadine e ai cittadini di Siena una istallazione di scarpe, utilizzata ormai in diversi luoghi come simbolo materiale, concreto, tragico delle donne scomparse per mano di uomini violenti,  115 paia di scarpe, 115 nomi di donne uccise dall'inizio dell'anno in Italia.

La nostra iniziativa  è per gridare che  la violenza sulle donne è ancora oggi e sempre di più un'emergenza,  che è Violenza  negare il naturale diritto di integrazione delle donne nel tessuto sociale e professionale, che è Violenta  una comunicazione che parla per stereotipi, che è Violenta  la politica che non riconosce alle donne le loro capacità di leadership, che è Violenta la mentalità che non vede nella maternità un valore aggiunto e socialmente riconosciuto, che Violente sono le politiche del lavoro che costringono le donne a delle scelte obbligate che  ne mortificano le carriere e le  vite.

Per combattere il femminicidio e  tutte le forme di violenza contro le donne, è necessario  che tutte/i ci impegniamo per scardinare quella cultura che la produce, nei luoghi del privato e in quelli istituzionali.
L'allestimento verrà effettuato in Piazza Gramsci Domenica 25 Novembre 2012 a partire dalle ore 10 per tutta la giornata.

Le Donne del 13 febbraio Siena - Snoq

Questo video è in ricordo delle donne uccise nel 2012 e per dire 
"BASTA ad ogni forma di discriminazione e violenza"





martedì 20 novembre 2012

Report mercoledì 14 novembre 2012



Presenti : Giulia, Antonia, Concetta, Susanna, Giovanna, Daniela Pasquini, Lucia Civitelli, Ilaria, Serena, Tatiana.
Si esprime grande soddisfazione sia per il lavoro fatto dal gruppo di lavoro "cultura di genere"  in occasione della presentazione del libro il 12 novembre, in particolare per l'intervento di Giulia, sia per la partecipazione al tavolo delle politiche di genere . Queste due iniziative  ci hanno  indubbiamente rafforzato come comitato e hanno comunicato all'esterno che ci siamo  e stiamo lavorando . Siamo soddisfatte di aver ottenuto  la possibilità di partecipare al tavolo delle politiche di genere con un metodo ,quello della rotazione, che abbiamo assunto nel definire il termine " rappresentanza" nella nostra carta d'intenti.
Si decide di comunicare alla coordinatrice del tavolo delle politiche di genere la sostituzione al gruppo salute di Carla Fronteddu con Serenella Civitelli. 

venerdì 16 novembre 2012

Ferite a morte

Il progetto teatrale di Serena Dandini 

“Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti non è affatto casuale”. Così  Serena Dandini introduce il suo lavoro teatrale “Ferite a morte” nella conferenza stampa tenutasi a Roma ieri.

Dal sito www.feriteamorte.it 

Serena Dandini ha attinto dalla cronaca e dalle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”. Per una volta, sono loro a parlare in prima persona. Come in una Spoon River del femminicidio, ognuna racconta la sua storia là da dove si trova ora e riprende vita e spessore, uscendo finalmente da una catalogazione arida e fredda.
Serena Dandini, con la collaborazione ai testi e alle ricerche di Maura Misiti, ricercatrice del CNR, ha scritto una breve storia per ciascuna di loro, pensata in chiave teatrale per sensibilizzare, attraverso il linguaggio della drammaturgia, le Istituzioni italiane e l’opinione pubblica circa un fenomeno dai dati ancora incerti, ma che comporta in Italia – come ci raccontano le rare statistiche – una vittima ogni due, tre giorni.

“Ferite a morte” prevede tre tappe teatrali che copriranno l’intero territorio nazionale:
24 novembre – Palermo, Teatro Biondo
30 novembre – Bologna, Teatro Duse
09 dicembre – Genova, Teatro della Corte
La scena teatrale è sobria. Un grande schermo rimanda filmati evocativi. Un dj in scena propone la musica che serve per voltare pagina tra un racconto e l’altro.
A portare in scena i testi saranno donne di spicco del mondo dello spettacolo, del giornalismo, della società civile oltre che la stessa Dandini.
L’ingresso  agli spettacoli è gratuito con prenotazione e ritiro del biglietto  presso le casse dei teatri. 
Per info: Ferite a morte   Il sito>>  

La Convenzione NO MORE!  contro la violenza maschile sulle donne - femminicidio s
i può firmare sul sito: 





mercoledì 24 ottobre 2012

A te non è mai piaciuto - Lidia Ravera

Pubblichiamo il testo che Lidia Ravera ha scritto, e letto, per l' iniziativa MAI PIÙ COMPLICI (13 e 14 ottobre Torino) dedicata alla violenza sulle donne. Bellissimo, forte e commovente.


A TE NON E' MAI PIACIUTO

Ciao bimba bella. Ciao. Ciao ciao ciao. Non li puoi aprire gli occhi, eh…? Non importa… No, guarda che non mi offendo… È come quando ti leggevo uno dei miei articoli e tu sbadigliavi. Lì per lì sembrava che ero offesa… Ma non era mica vero, sai?. Tu sbadigliavi: che incubo la mamma femminista, sempre lì a farti due palle sul maschio com’è e come non è, e la donna invece qua e là su e giù… sbadigliavi, tu, e io smettevo di leggere… me ne andavo in cucina, “tanto ci sono abituata che le mie figlie mi scavalcano a destra”. Mi venivi dietro in cucina perché lo sapevi che mi sarei messa a tagliuzzare carote. Ti ricordi le mie insalate? Le chiamavi Sana Reazione Materna Vegetale all’ insulto delle Giovani Carnivore Disimpegnate. Mi arrivavi alle spalle, in cucina, dopo un po’, con il mio articolo bello stampato (che la stampante con te e con tua sorella funzionava sempre e con me mai). Lo leggevi tu, con sentimento… lo declamavi… E a me sembrava quasi troppo bello. Ti ricordi? Niente. Non ti ricordi. Non mi senti. Non senti. Questa è ufficialmente la più disperata delle nostre famose chiacchiere fra donne. Tanto che, di mio, guarda, per una volta, starei pure zitta. Zitta e piangi, madre di merda. Perché è questo che mi sento con te stesa in quel letto. Con quei cazzo di tubi nel naso e il sacchetto del sangue e il monitor che non riesco a staccare gli occhi di lì anche se i segni non li capisco. Me l’ha detto il meno scemo dei medici: parli signora, parli… stia seduta vicino a sua figlia e parli. Le faccia sentire il suono della sua voce. Ciao bimba bella. Ciao ciao ciao. Ecco qua il suono della mia voce. Com’è? Come mi è venuto… Quello di sempre? Quello di quando ti leggevo i miei articoli o quello di quando parlavamo di lui? Con che tono ti sto parlando? Il Didattico Polemico della mamma femminista? O quello scocciato e severo di quando ti dicevo Mollalo? Né uno né l’altro, direi… bimba bella. Questo è il tono disperato della madre che non è servita a niente. Mai sentito, vero, Bimbabella? Beh, c’è sempre una prima volta. La prima volta che ho provato a parlarti di lui, hai detto “A te Stefano non è mai piaciuto”. Infatti purtroppo no. Stefano è uno stronzo… per dirla in poesia… E non mi sono mai bevuta le tue balle, bimbabella. So distinguere un pugno da un colpo di freddo. So distinguere i lividi a grappolo di una scarica di colpi dal singolo livido giallo di una ragazzina distratta che ha sbattuto contro un tavolino. So che due incisivi non ti cadono mordendo il guscio di una noce, non a 29 anni. Perché ho fatto finta di crederci? Lo vuoi proprio sapere? Per non perdere il contatto. Perché avevo paura di perderti… siamo così noi… Le allegre streghe degli anni settanta… lo sappiamo che da 40 anni cercano di liquidarci con una scarica ininterrotta di caricature. E voi magari ci credete… Voi, le nostre figlie… tu, le altre… E allora ci difendiamo… vi facciamo la corte… fingiamo di credere alle vostre palle… Perché sì, certo, noi siamo Quelle che si erano ficcate in testa di insegnare alle donne a sentirsi forti come i maschi. Forti libere importanti. Ma non siamo soltanto quello. Noi siamo quelle che hanno incominciato ad alzare la testa, a cambiare il dentro, il dentro sì… Dentro casa dentro il letto dentro il cuore… Ti sto annoiando, spero! Ti sto annoiando?… Dimmi di sì… Sbadiglia bimba bella, sbadiglia, ridi… mandami al diavolo… bimba… non rimanere lì… non così ferma, ti prego… Ho… ho di nuovo sbagliato tono… mi hanno detto di parlare allegra e invece… Invece io sono un disastro… io sono proprio un disastro… e mi son messa d’impegno per diventare un disastro… è che… volevo una vita da persona… giocare da sola piuttosto che giocare comunque, anche se non sei d’accordo sulle regole… ho pagato. Io. Io ho pagato ma non volevo che pagassi anche tu. Nella mia testa tu dovevi giocare un gioco nuovo. Un gioco che… anche le ragazze possono distribuire le carte, vincere una mano, o magari far saltare il banco… Non è andata così. Quando mi hai presentato Stefano me ne sono accorta subito che le cose non stavano andando come avevo sperato. È un uomo vecchio, Stefano. Non importa che ha 30 anni… Ti guardava con occhi da  padrone. Non mi piaceva come ti guardava. Ti spostava una ciocca di capelli dalla fronte e io mi sentivo come se te l’avesse strappata. Gli piaceva umiliarti, ti ricordi, quando ancora si cenava certe volte tutti insieme e c’erano anche amici miei, quegli stessi amici che ti hanno vista crescere e hanno sempre apprezzato la tua intelligenza… tu parlavi come hai sempre fatto e poi, all’ improvviso, ti giravi verso di lui con uno sguardo timido, come cercassi la sua approvazione… quello sguardo non era il tuo e lui… ah per lui era come un segnale, iniziava a sfotterti con cattiveria, ti ridicolizzava… I miei amici si imbarazzavano. Poi un giorno Roberta, te la ricordi Roberta, adesso non c’è più, è una che non ce l’ha fatta a invecchiare, all ’epoca era ancora la più tosta di noi, la più aggressiva, beh una volta Roberta ha provato a rispondergli e lui ti ha fatta alzare da tavola e ti ha detto andiamo via. Ha detto andiamo via e tu l’hai seguito, bimbabella. No, no no no… non ti sto accusando. Non ti accuso di niente.

domenica 21 ottobre 2012

Violenza sulle donne

Una ogni due giorni, lo dicono le statistiche



Firma l'appello dell' Associazione nazionale dei centri antiviolenza "Donne in rete"

"L'associazione nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza, denuncia la 105^ vittima di femicidio in Italia dall’inizio del 2012 e lancia un appello: Carmela, morta a diciassette anni per difendere la sorella dalla violenza dell’ex fidanzato, sia l'ultima vittima. La violenza sulle donne non è una emergenza ma è un fenomeno strutturale di una societa' che pone uomini e donne in una relazione di disparità. Lo denunciamo da anni e non è più tollerabile che in un Paese che si definisce civile, le violenze sulle donne e i femminicidi avvengano nell’indifferenza della società e della politica. 
Ci appelliamo al Governo italiano, al Parlamento e alla società civile, affinché in tempi brevissimi sia ratificata nel nostro ordinamento, la Convenzione del Consiglio d'Europa firmata ad Istanbul, che vincola i Paesi aderenti ad azioni ed iniziative importanti di contrasto alla violenza sulle donne, sia finalmente attuato il Piano Nazionale Antiviolenza e si sostengano con finanziamenti adeguati, tutti i centri antiviolenza aderenti alla Rete Nazionale. 
Le violenze sulle donne e i femminicidi non sono un destino inscritto nelle vite delle donne, ma sono cronache di morti annunciate nel vuoto politico e nel silenzio di un Paese che sembra non avere più coscienza. " 




Articoli sull'argomento 
domenica 21 ottobre 2012 - Ilfattoquotidiano.it:
sabato 20 ottobre 2012 - La Repubblica:

L'esercito dei carnefici



La strage delle donne - Riccardo Iacona





martedì 26 giugno 2012

Il rapporto sul femminicidio in Italia: 73 vittime nel 2012


“TI AMO DA MORIRE”, QUINDI TI UCCIDO
L’ONU: CRIMINI TOLLERATI DALLO STATO






di Silvia D’Onghia - Il  Fatto Quotidiano

Il femminicidio è crimine di Stato tollerato dalle istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne che vivono diverse forme di discriminazione e violenza”. È durissimo il rapporto presentato a Ginevra da Rashida Manjoo, Special Rapporteur dell’Onu, dopo la sua visita in Italia a gennaio. La legislazione nel nostro Paese è buona, ma “non ha portato a una diminuzione dei femminicidi” o non è stata tradotta “in un miglioramento della condizione di vita delle donne o delle bambine”. La violenza continua a essere un problema culturale: la maggior parte degli episodi “non viene denunciata – spiega il rapporto – perché vissuta in un contesto culturale maschilista in cui la violenza in casa non è sempre percepita come crimine e in cui le vittime sono economicamente dipendenti dai responsabili della violenza stessa”. Del resto, basta scorrere le storie delle 73 donne uccise dall’inizio dell’anno (fonti: Casa Internazionale delle Donne e bollettino-di-guerra.noblogs.org  ), per rendersi conto che l’Onu ha ragione e che è ora di intervenire sul serio.

(hanno collaborato Marzia Conversano e Valentina Gasparro)

Lenuta Lazar, 31 anni
2 gennaio 2012
Prostituta romena, accoltellata a Chiesuol del Fosso (Fe). Il killer ha tentato il suicidio poi ha confessato.

Yuezhu Chen, 20 anni
3 gennaio 2012
Prostituta, strangolata a Milano da un egiziano, suo cliente abituale.

Antonella Riotino, 21 anni
6 gennaio 2012
È stata soffocata a Putignano (Ba) dal fidanzato 19enne geloso.

Antonia Azzolini, 66 anni
7 gennaio 2012
Uccisa dal marito in un hotel di Bari. L’uomo poi si è suicidato. Avevano problemi economici.

Fabiola Speranza, 45 anni
9 gennaio 2012
Dopo l’ennesima lite, il marito le ha sparato fino a scaricare la pistola. Era di Atripalda (Av).

Nunzia Rindinella, 78 anni Stefania Mighali, 39 anni Daniela, 8 anni
12 gennaio 2012
Pietro Fiorentino, 40 anni, non accettava la fine della storia con la moglie Stefania, così ha ucciso tutti: la donna, sua figlia Daniela, sua madre Nunzia e il cognato Hans, di 55 anni. L’uomo ha dato fuoco ai corpi poi si è suicidato. È accaduto a Trapani.

giovedì 3 maggio 2012

Mai più Vittime

SABATO 5 MAGGIO DALLE ORE 9,30 ALLE 13  PRIMO INCONTRO SEMINARIALE SULLA VIOLENZA MASCHILE CONTRO LE DONNE
Ci guiderà Angelina Gerardi del'Associazione Atelier Vantaggio Donna
                              Siena- Stanze della Memoria via dei malavolti 9
La violenza maschile contro le donne, non é solo un'emergenza sociale, é una lesione dei nostro diritti di cittadinanza, ma é soprattutto il risultato della disparità di potere tra uomini e donne, una assimetria di collocazione simbolica del maschile e femminile da cui discende disparità di salari, disparità di rappresentanza politica,ecc.ecc. Insomma una questione strutturale e strutturante della nostra società e non episodica. Non si spiegano altrimenti, infatti, non solo i numeri costantemente in aumento, ma il livello di rimozione e occultamento che la circondano. Se della violenza cogliamo solo gli elementi estremi, rischiamo di essere complici seppur inconsapevoli del suo mancato contrasto. Dovremo al contrario, ricercare in noi stesse gli atteggiamenti culturali che ne permettono la tacita diffusione.  
Solo riuscendo a tenere strettamente collegato il piano dell'emergenza con quello dell'analisi POLITICA  e culturale di questo enorme problema, potremmo dare una risposta capace di produrre un reale cambiamento.
Con questo primo incontro vogliamo però anche iniziare a spostare lo sguardo dallo spazio angusto della vittimizzazione a quello aperto dell'autodeterminazione e delle responsabilità.

venerdì 27 aprile 2012

Mai più complici

Di seguito trovate il testo di un appello/denuncia predisposto dal Comitato promotore nazionale SNOQ di concerto con Zanardo e Lipperini. Il testo é anche sul sito nazionale seguito da molte firme.
Da parte nostra, abbiamo più volte manifestato la volontà di confrontarci con questo tema e ne abbiamo fatto oggetto del nostro flash mob l'8 marzo.
Inoltre in uno dei nostri ultimi incontri del mercoledì abbiamo deciso di cominciare ad approfondirlo, avvertendo forte la necessità di fare i conti con una complessità che va ben oltre la giusta ed opportuna denuncia dei femminicidi.
Per questo vi invitiamo tutte ad un primo seminario che si terrà sabato 5 maggio dalle ore 9,30 alle ore 13 presso le Stanze della Memoria. Ci aiuterà in questo primo passaggio Angelina Gerardi dell'Associazione Atelier Vantaggio Donna.
Un saluto cordiale a tutte Albalisa
Mai più complici

Cinquantaquattro. L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro,
dall’inizio di
questo 2012, le donne morte per mano di uomo. L’ultima vittima si
chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto
il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le
storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a
ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di
raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti
marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le
parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le
cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con
l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste
violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media
cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le
parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di
chi le uccide perché incapace accettare la loro libertà.

E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio,
chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi
con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine
a quest’orrore.
Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di
Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte
delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.

Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la
violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo,
sceglie di assecondarla.

Comitato promotore nazionale Senonoraquando, Loredana Lipperini,
Lorella Zanardo-Il Corpo delle Donne


giovedì 8 marzo 2012

Freeze Flash Mob - 8 Marzo



Comunicato stampa de Le donne del 13 Febbraio- Comitato Se non ora quando Siena (Foto in allegato)

Oggi, in occasione dell’ 8 marzo, le donne del 13 febbraio Siena – Comitato Senonoraquando hanno organizzato un flash mob per ricordare tutte le donne che ogni anno in Italia sono vittime della violenza di  genere.

Una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, è stata colpita nella sua vita dall’aggressività di un uomo. La prima approfondita indagine ISTAT è del 2006 e parla di 6 milioni 743 mila donne vittime di violenza, nel 87% dei casi ad opera di partner (mariti, compagni, fidanzati), ex-partner, padri, fratelli o comunque familiari. Se ci si concentra nella nostra sola Regione e sempre in riferimento al 2006, sono 72.831 le donne che hanno subito violenze fisiche o sessuali ed è sempre macroscopicamente alta la percentuale che attribuisce ai familiari la responsabilità di questi atti. Dal 2006 ad oggi, pur in mancanza di dati precisi, questi numeri non sono certamente diminuiti. Le più numerose ad essere colpite sono le donne tra i 16 e i 24 anni. La violenza, soprattutto quella domestica, passa nella maggior parte dei casi sotto silenzio: il 34%  delle donne non ne ha mai parlato con nessuno, circa il 93% non ha denunciato la violenza e sono poche le vittime che si sono rivolte ai Centri antiviolenza o a centri specializzati d’aiuto. I motivi che spingono le donne a rimanere nel silenzio sono molteplici e hanno a che fare con un’eterogeneità di aspetti, che vanno dal non considerare determinati atti come violenza e/o ritenerli un fenomeno poco grave, alla decisione di risolvere la questione in ambito privato/familiare. Esiste poi una rimozione ed un occultamento agiti a livello sociale spesso proprio da quei soggetti demandati ad accogliere e sostenere le donne nel difficile cammino dell’uscita dalla violenza. Di fatto, un pericoloso ed assordante silenzio imprigiona questo fenomeno accentuandone la difficoltà di risoluzione.
La punta di questo iceberg è senza dubbio rappresentata da quello che recentemente è stato definito “feminicidio”:
127 donne uccise nel 2010, 139 nel 2011, 20 sono già state uccise dall’inizio del 2012.

Abbiamo deciso di fare un flash mob perchè troppe donne in Italia sono vittime di violenze.
Abbiamo fatto questo flash mob anche per la ragazza che è stata recentemente vittima di violenza qui a Siena, perché lei, come tutte le donne che la subiscono, non devono essere lasciate sole 






Guarda i  VIDEO

di Christian Brogi



di Elena Casi

Puoi vedere altre foto del flash mob a questo link





mercoledì 29 febbraio 2012

Il nostro 8 marzo in ricordo di tutte le donne vittime di violenza

Questa sera trasgrediamo alla consuetudine del report settimanale nonostante che proprio la qualità e la funzione dei nostri reports siano state uno dei punti discussi e nonostante che le compagne che questo pomeriggio si sono incontrate a Firenze con le consigliere regionali ci abbiano raggiunto al ritorno e ci abbiano generosamente riportato una sintesi di questo incontro.
Di tutto questo quindi vi parleremo prossimamente mentro ora vogliamo privilegiare una comunicazione che riguarda la nostra proposta per il prossimo 8 marzo.
Nel 1993 nel Preambolo della Dichiarazione per l’eliminazione di tutte le discriminazioni contro le donne CEDAW ONU 1993 si dice che la violenza di genere è “ la manifestazione di un potere relazionale storicamente diseguale tra uomini e donne …”. Più vicino a noi ovvero se guardiamo alla nostra istituzione regionale, è del 2007 la legge regionale n°59 in cui è scritto che la violenza di genere è “una violazione dei diritti umani fondamentali … e costituisce minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto ad una cittadinanza sicura, libera e giusta”.
La violenza maschile dunque determina nelle donne una condizione di vita fuori dal proprio controllo e limita l’accesso alle risorse e all’autonomia.
Siamo partite da qui nella nostra discussione ed abbiamo quindi scelto di dedicare "il nostro" 8 marzo a questa battaglia.
Di seguito, ma anche allegato, trovate la nostra proposta, mentre chiediamo a tutte e a tutti di unirsi a noi anche facendola circolare il più possibile nelle nostre mailing lists o attraverso facebook.

In occasione dell’ 8 marzo le Donne del 13 febbraio Siena – Comitato Se Non Ora Quando organizzano un flash mob per ricordare tutte le donne che ogni anno in Italia sono vittime della violenza di genere.
Una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni è stata colpita nella sua vita dall’aggressività di un uomo, il più delle volte da partners, ex-partners, padri, fratelli o comunque familiari..

Le più numerose ad essere colpite sono le donne tra i 16 e i 24 anni e nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. La violenza, soprattutto quella domestica, passa sotto un pericoloso ed assordante silenzio.
La punta di questo iceberg è rappresentata da quello che recentemente è stato definito “femminicidio”:127 donne uccise nel 2010, 139 nel 2011, 12 dall’inizio del 2012.

Facciamo un flash mob perchè troppe donne in Italia sono vittime di violenza.
Facciamo un flash mob per impegnarci tutte e tutti a costruire e affermare una cultura del rispetto e dell’ascolto.
Questo flash mob è anche per la ragazza che è stata recentemente vittima di violenza qui a Siena, perché lei, come tutte le donne che la subiscono, non devono essere lasciate sole.

Cos’è un flash mob
è una manifestazione che dura pochi istanti o minuti, convocata attraverso un passa parola telematicon che coinvolge tutte e tutti coloro che condividono il messaggio. Al segnale convenuto, il tutto accade: decine e decine di persone, contemporaneamente fanno tutte la stessa cosa, invadendo pacificamente un certo luogo. Poi, allo stesso segnale, ognuno se ne va così come è arrivato.

Il nostro “freeze” flash mob dell’ 8 marzo:
Ci troviamo in via Banchi di Sopra lungo il tratto che va dall’Arco di Via dei Rossi a P.zza Salimbeni, alle 13:50 (all’uscita dalla scuola o dal lavoro, bastano 10 minuti), indossando un indumento bianco (maglietta, sciarpa, foulard, cappello….).Dobbiamo trovarci sul luogo come se fossimo di passaggio, apparentemente senza un accordo preventivo, irriconoscibili in mezzo alla folla.
Al segnale, che sarà un grido di donna, tutte si immobilizzano in una posizione che esprima paura, terrore, dolore, in piedi o distese o sedute per terra. 
E’ importante rimanere immobili, “congelati”. 
Al secondo grido, dopo pochi minuti, ognuna si scioglie dalla posizione e se ne va come se niente fosse.


  
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Il nostro prossimo appuntamento é per Lunedì 5 marzo alle ore 17,30 presso Le Stanze della Memoria. 
Albalisa

mercoledì 8 febbraio 2012

La Cassazione sullo stupro di gruppo: ecco per cosa vale la pena di indignarsi

di Barbara Spinelli da zeroviolenzadonne.it

Sono un’avvocata e sono una femminista. E sono indignata.
No, non per la famigerata sentenza della Cassazione, ma per come è stata raccontata dai media e commentata da esperti, politici e per le reazioni del movimento femminista stesso.
La disinformazione regna sovrana, circa l’effettivo significato ed il contenuto della sentenza.
Il populismo è il modo più semplice per raccogliere consensi cavalcando la disinformazione.
Il perché della mia voce fuori dal coro, ho cercato brevemente di spiegarlo nella puntata di Fahrenheit di venerdi’. E ringrazio di cuore Loredana Lipperini per avermi dato la possibilità di farlo. Ma cercherò di essere ancora più chiara e più precisa.
Partiamo dall’inizio.
Con legge n. 94/2009 l’allora Ministero delle Pari Opportunità Carfagna modificava l’art. 275 co.3 c.p.p., introducendo l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere per chi fosse indagato, tra gli altri, anche per il reato di violenza sessuale.
Si trattò della classica modifica legislativa raccogli-consensi: come già commentato qui, era infatti solo un “palliativo” capace di “sedare l’opinione pubblica” a fronte dell’incapacità da parte delle Istituzioni di garantire adeguata protezione alle vittime donne e minori che scelgono di denunciare situazioni di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e prostituzione minorile.
Ma ai giuristi era evidente da subito che quella disposizione era microscopicamente incostituzionale.
Perché?
Perché –come già commentato qui nel lontano 2010- nel nostro ordinamento, l’applicazione delle misure cautelari è subordinata a specifiche condizioni di applicabilità (273 c.p.p.: gravi indizi di colpevolezza) ed a esigenze cautelari (274 c.p.p.: o esigenze probatorie o pericolo di fuga o pericolosità sociale). La custodia cautelare (cioè il carcere obbligatorio) può essere disposta solo come extrema ratio, quando ogni altra misura cautelare risulti inadeguata (275 co.3 c.p.p.).
L’unico caso in cui il nostro ordinamento prevede per legge “il carcere obbligatorio” come misura cautelare (e quindi il legislatore presume che chiunque viene accusato di questi reati è certamente talmente pericoloso e a rischio di fuga e capace di inquinare le prove che l’unica misura cautelare adeguata è il carcere) è per i reati di criminalità organizzata.
Per tutti gli altri casi (anche nel caso del più efferato omicidio volontario), spetta al giudice valutare se nel caso concreto se sussistono i requisiti richiesti dalla legge per applicare la misura cautelare all’indagato e stabilire quale misura cautelare è la più adeguata al caso concreto.
E’ proprio sulla base di questa logica di funzionamento del nostro sistema procedurale penale (ricordiamo gli art. 13, 24, 27, 28 e 111 Cost.) che la Corte Costituzionale, nel 2010, con la sentenza n. 265/2010 aveva, come era ovvio che fosse, dichiarato l’incostituzionalità della modifica normativa introdotta dalla Carfagna nella parte in cui introduceva il “carcere obbligatorio” per legge per tutti gli indagati per violenza sessuale.
Ma in realtà la sentenza non era così ovvia né per l’opinione pubblica, né per i politici pronti a cavalcarla. E infatti si sollevò un polverone analogo a quello sollevato oggi dalla sentenza di Cassazione.
Ancora una volta, a mio avviso un polverone:
a) molto preoccupante, dal punto di vista dello stato della democrazia nel nostro Paese
b) del tutto ingiustificato dal punto di vista del contenuto della sentenza e degli obbiettivi del movimento femminista
Mi spiego meglio.
a) E’ preoccupante se neppure chi siede in Parlamento ha percepito la gravità della modifica normativa che era stata approvata e il significato della sentenza della Cassazione. Perché? NON E’ UN CAVILLO LEGALE. E’ una questione di DEMOCRAZIA. Cosa ne pensate infatti se domani il legislatore si svegliasse, e scegliesse di introdurre per legge, a parte che per i reati di criminalità organizzata, il “carcere obbligatorio” per gli indagati, oltre che per stupro, anche per un qualsiasi altro reato, come la resistenza a pubblico ufficiale, o i reati di opinione? Se la modifica introdotta dalla Carfagna fosse stata giudicata legittima dalla Corte Costituzionale si sarebbe aperta una breccia nel sistema, che avrebbe consentito al legislatore di turno di utilizzare lo spauracchio della custodia cautelare in carcere prevista obbligatoriamente per legge per criminalizzare “il nemico” di turno. Pensate in una situazione di crisi che utile strumento di controllo politico delle manifestazioni di dissenso sarebbe stato introdurre la custodia cautelare in carcere obbligatoria per tutti i classici reati per cui solitamente vengono fermati i dimostranti…Ma per fortuna la Consulta c’è, anche se in questo Paese nessuno in questo caso pare essersi accorto della sua utilità. Tuttavia, se né la società civile, né il legislatore sono in grado di cogliere che una modifica normativa raccogli consensi è in grado di aprire una pericolosa breccia nel sistema, significa che siamo pronti per il fascismo, che potrebbe tornare in forme nuove trovandoci totalmente disarmati e incapaci di riconoscerlo (e quindi di combatterlo).
b) Che cosa diceva la sentenza della Corte Costituzionale nel 2010? Che non può essere il legislatore a prevedere “il carcere obbligatorio” per gli indagati per violenza sessuale, ma deve essere il giudice a valutare se nel caso concreto il carcere è l’unica misura adeguata. Che cosa dice oggi la Cassazione? Che il principio affermato dalla Corte Costituzionale nel 2010 si applica non solo agli indagati per violenza sessuale, ma anche agli indagati per violenza sessuale di gruppo.
Dov’è il problema? Il problema non sta nel contenuto della sentenza, ma nella macroscopica e colpevole ignoranza di chi la commenta.
· In primo luogo, perché non è affatto vero che con questa sentenza la Cassazione ha equiparato la violenza sessuale allo stupro di gruppo, ma ha semplicemente stabilito che il principio affermato dalla Corte Costituzionale (che l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere non può essere decisa dal legislatore ma va valutata caso per caso) per la violenza sessuale può essere applicato anche ai casi di violenza sessuale di gruppo
· In secondo luogo, perché sia prima della l. 94/2009, sia oggi, il giudice può, poteva e potrà mandare in carcere gli indagati per violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo, se ritiene esistenti le condizioni di applicabilità della misura e le esigenze cautelari.
Dobbiamo chiederci se lo fa, e se non lo fa perchè non lo fa.
Ecco allora dove sta il vero NOCCIOLO DEL PROBLEMA.
1) IL PROBLEMA VERO E’ NEL RENDERE I MAGISTRATI CAPACI DI RICONOSCERE IL DISVALORE DELLA VIOLENZA DI GENERE E DUNQUE IN GRADO DI ADOTTARE TUTTE LE MISURE CAUTELARI ADEGUATE A PROTEGGERE LE DONNE DALLA RIVITTIMIZZAZIONE (INCLUSA LA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE DEGLI STUPRATORI).
Il problema non è quindi avere una legge che obblighi i magistrati a mandare in carcere tutti gli indagati per violenza sessuale, ma è avere dei giudici in grado di cogliere il disvalore di questi reati e capaci quindi di applicare anche in queste ipotesi la misura della custodia cautelare in carcere.
Ce lo dobbiamo mettere in testa: salvo voler minare il nostro sistema democratico alle sue fondamenta, non possiamo prevedere per legge il carcere obbligatorio (come misura cautelare) per gli stupratori (o meglio per gli indagati per violenza sessuale). Non dobbiamo neanche desiderarlo.
E’ facile essere giustizialisti e populisti e volere tutto e subito per legge, ma questo certo non aiuta a cambiare quella mentalità patriarcale che costituisce la ragione della violenza sessista e dell’impunità di chi la commette.
Nel 2010 qui commentavamo così la sentenza della Corte Costituzionale:
“Si deve prendere atto che in Italia c’è un diffuso clima culturale sessista che permea non solo chi commette questi reati, ma qualche volta anche chi è chiamato a decidere sugli stessi.
Molto spesso ad esempio nei reati di violenza sessuale la valutazione della gravità della condotta è sempre più ravvisata quando l’azione è commessa da un estraneo e su strada; al contrario, per le violenze che avvengono all’interno delle relazioni di lavoro, familiari, amicali, molto spesso viene riconosciuto un minore disvalore sociale, che a volte si traduce addirittura nella applicazione di una pena nei limiti della sospensione condizionale. Quale tutela per queste donne? Ovvero, quale tutela per la maggior parte – statisticamente parlando – delle vittime di violenza sessuale?
Detto questo, non si può pensare che il problema si risolva prevedendo la carcerazione come obbligatoria: il problema è culturale, e si risolve da un lato decostruendo gli stereotipi patriarcali sul ruolo della donna all’interno della società, e dall’altro con una adeguata formazione.
E’ tempo, anche in Italia come nel resto dell’Europa, di iniziare ad approcciare al gravissimo fenomeno criminale della violenza maschile sulle donne non soltanto attraverso l’utilizzo dello strumento penale, ma anche migliorando ed implementando l’utilizzo della l. 154/2001 e dunque degli ordini di allontanamento, fornendo ascolto e supporto effettivo, anche e soprattutto in termini psicologici ed economici, alle donne che denunciano di essere vittime di tali crimini durante la fase delle indagini e del procedimento penale.
E’ necessaria una formazione adeguata per valutare la situazione di rischio specifico che la donna corre nel momento in cui sceglie di denunciare la violenza che subisce.
Anziché imporre ai magistrati la carcerazione obbligatoria dell’indagato è decisamente più opportuno provvedere alla formazione specifica delle forze dell’ordine e della magistratura affinché venga garantita la protezione delle vittime di tali reati, con un uso adeguato di tutte le misure cautelari previste dal nostro ordinamento.
Questo richiede molte più risorse ovviamente, forse è per questo che nessuno ha il coraggio di parlarne.
Ma è questo quello che le donne che denunciano si aspettano: non vendetta, ma protezione, e il ritorno a una vita libera dalla violenza. Questo è diritto fondamentale che lo Stato ha l’obbligo di garantire sì, ma con gli strumenti adeguati.
L’incolumità psico-fisica della vittima non trova la sua massima tutela nella privazione obbligatoria per legge della libertà dell’indagato, ma in una rete di protezione che è obbligo del Governo prevedere, garantire e attuare”.
Il vero obbiettivo dunque è quello di proteggere le vittime di violenza sessuale (più in generale: di violenza di genere) dalla rivittimizzazione, ma senza leggi speciali, senza rivendicare con forza l’utilizzo di un “diritto speciale del nemico” (è un orrore che sia anche il movimento femminista a chiedere questo!).
iniziamo a chiedere quello che è giusto chiedere per il raggiungimento dei nostri obbiettivi.
Iniziamo a chiedere alle Istituzioni di far fronte alla loro responsabilità di proteggere in maniera adeguata le donne vittime di violenza di genere (e dunque anche le vittime di stupro).
Al posto di gridare allo scandalo per sentenze che in sé nulla hanno di scandaloso, io porrei le seguenti domande alla Ministra della Giustizia.
1) Esistono statistiche circa le misure cautelari applicate nei confronti di indagati per violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo (ma aggiungerei anche in caso di maltrattamenti)? In quanti casi è stata applicata la custodia cautelare in carcere?
2) Nei casi in cui non è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere, come è stata assicurata la protezione della persona offesa dal rischio di rivittimizzazione? In quanti casi la vittima ha presentato ulteriori denunce per stalking, molestie, o altri reati nei confronti del soggetto indagato lasciato a piede libero? Quali misure sono state adottate in questi casi? In quanti casi la donna è stata uccisa dal soggetto già denunciato e sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere?
E’ evidente che questi dati non esistono..
Ma se esistessero, andrebbero analizzati e di quei dati dovrebbe essere fatto tesoro. Di certo confermerebbero che la scarsa applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti degli indagati per violenza sessuale (salvo che si tratti di stranieri, per i quali il pericolo di fuga molto spesso giustifica più facilmente la misura) –ma più in generale per reati che rientrano nella violenza di genere- trova spiegazione nella difficoltà da parte dei magistrati di ri-conoscere il disvalore sociale di queste condotte e di valutarle adeguatamente ai sensi degli art. 274 lett. c) e 275 c.p.p.
Un giudice in grado di riconoscere il disvalore della violenza sessuale, di valutare la pericolosità dell’aggressore sessuale (ma lo stesso discorso vale per i maltrattatori) utilizzando anche i sistemi di valutazione del rischio esistenti, è un giudice in grado di disporre immediatamente l’arresto dell’indagato per stupro e di motivare adeguatamente l’ordinanza con cui dispone la custodia cautelare in carcere.
E’ su questo che si deve lavorare.
Per questo occorre una formazione specifica e sistematica della magistratura su come riconoscere la violenza di genere, e attraverso quali metodi valutare la pericolosità sociale di questa categoria di aggressori e le specifiche esigenze di protezione della persona offesa.
Il Comitato ONU per l’applicazione della CEDAW, nella raccomandazione n. 26/2011 al Governo italiano si è definito preoccupato “per il persistere di attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica” e ritiene che l’elevato numero di femminicidi possa “indicare il fallimento delle Autorità dello Stato-membro nel proteggere adeguatamente le donne, vittime dei loro partner o ex-partner”.
Anche la Relatrice speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne, in gennaio in visita ufficiale in Italia, ha osservato che:
“la violenza domestica risulta essere la forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne in tutto il paese. Il continuum della violenza tra le mura domestiche si riflette nel numero crescente delle vittime di femminicidio: dalle statistiche fornite risulta che, nel 2006, 101 donne sono state uccise dal partner, dal marito o dall’ex partner, e il dato per il 2010 è aumentato a 127. Gran parte delle manifestazioni della violenza non viene denunciata in un contesto caratterizzato da una società patriarcale e incentrato sulla famiglia; la violenza domestica, inoltre, non sempre viene percepita come reato; emerge poi il tema della dipendenza economica, come pure la percezione che la risposta dello Stato a tali denunce possa non risultare appropriata o utile. Per di più, un quadro giuridico frammentario e l’inadeguatezza delle indagini, delle sanzioni e del risarcimento alle donne vittima di violenza sono fattori che contribuiscono al muro di silenzio e di invisibilità che circonda questo tema”.
Per questo motivo, il Comitato CEDAW ha raccomandato alle Istituzioni italiane di attuare entro due anni, tra le altre, le seguenti misure per il contrasto alla violenza di genere:
- racc. 27b/2011: assicurare che le donne vittime di violenza abbiano immediata protezione, compreso l’allontanamento dell’aggressore dall’abitazione, la garanzia che possano stare in rifugi sicuri e ben finanziati su tutto il territorio nazionale; che possano avere accesso al gratuito patrocinio, alla assistenza psico-sociale e ad un’adeguata riparazione, incluso il risarcimento;
- racc. 27c/2011: assicurare che i pubblici ufficiali, specialmente i funzionari delle Forze dell’ordine ed i professionisti del settore giudiziario, medico, sociale e scolastico sistematico ricevano una sensibilizzazione sistematica e completa su tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle bambine;
- racc. 27d/2011: migliorare il sistema per un’appropriata raccolta dei dati relativi ad ogni forma di violenza nei confronti delle donne, compresi dati relativi alla violenza domestica, alle misure di protezione, alle azioni penali ed alle sentenze di condanna.
A mio avviso quindi la società civile dovrebbe rimodulare le proprie istanze, chiedendo un impegno concreto e strutturale di tutte le Istituzioni per la protezione delle donne vittime di ogni forma di violenza maschile.
2) PROBLEMA NON MENO GRAVE E’ LA DISINFORMAZIONE, CHE ALIMENTA DERIVE POPULISTE E STRUMENTALIZZAZIONI POLITICHE SUL TEMA DELLA VIOLENZA DI GENERE.
Sicuramente un’adeguata informazione sui contenuti e sul significato della sentenza della Corte Costituzionale del 2010 e della Cassazione del 2012 avrebbero impedito lo stravolgimento del significato e di conseguenza la deriva populista e giustizialista dei commenti di politici e opinione pubblica.
Anche su questo punto, torna prepotente il tema della decostruzione degli stereotipi patriarcali e della formazione di genere degli operatori del diritto, dei servizi, della sanità….ma anche dei giornalisti! Colpevoli, in questo caso, di una sorta di femminicidio simbolico, perchè sicuramente hanno causato attraverso una falsa notizia (equiparazione dello stupro allo stupro di gruppo / niente carcere per gli stupratori) una ulteriore sfiducia di molte donne (e uomini) nella giustizia italiana e dunque nell’efficacia della denuncia penale di questi reati.
Ma forse il problema di fondo è a monte, in noi che riceviamo questa notizia, e dell’uso che ne facciamo.
Tutti/e sono bravi/e (e si divertono) a gridare al lupo al lupo per farlo scappare, ma nessuno/a è davvero interessato a costruire la trappola giusta per acchiapparlo?
Donne, femministe, ma voi siete interessate? O vogliamo ancora limitarci all’indignazione (e a questo punto almeno facciamo che sia per qualcosa di fondato…)?
Vero è che l’indignazione comunque è un “segnale”, come bene dice Giovanna Cosenza qui, e Lorella Zanardo qui, ma forse è arrivato anche il tempo di passare oltre, ed organizzarci per la rivendicazione di azioni strutturali ormai improrogabili.