(Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen), elaborata nel corso della Rivoluzione francese, contiene una solenne elencazione di diritti fondamentali dell'individuo e del cittadino e, generalmente, si dice e si scrive che abbia rappresentato uno dei più alti riconoscimenti della libertà e dignità umana (diritto alla libertà della persona, alla proprietà, alla sicurezza, alla resistenza all’oppressione)…
Peccato che tali diritti venissero riconosciuti solo all’uomo, cioè al maschio, tanto per sfatare il mito che ci hanno propinato per anni, anche a scuola, che “quando si dice uomo si intende anche la donna”
Alle donne, che pure avevano attivamente partecipato alla Rivoluzione, fu negata, così, la qualifica di cittadine e, di conseguenza, ogni diritto civile.
Olympe de Gouge, in polemica con tale interpretazione, scrisse, nel 1791, la Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine che, all’art. 1, stabiliva “La donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell’uomo”.
Per la sua opposizione al sistema fu ghigliottinata nel 1793.
Poco dopo, il Codice Napoleonico del 1804, ben presto adottato anche in Italia,
ribadì che il marito “rappresentava” la moglie nella sfera pubblica ed in quella privata e, pertanto, tra l’altro, ne amministrava i beni ed era l’unico ad avere la patria potestà, poteva negarle il permesso di esercitare una professione, di aprire un conto in banca, iscriversi ad un sindacato o ottenere un passaporto.
ribadì che il marito “rappresentava” la moglie nella sfera pubblica ed in quella privata e, pertanto, tra l’altro, ne amministrava i beni ed era l’unico ad avere la patria potestà, poteva negarle il permesso di esercitare una professione, di aprire un conto in banca, iscriversi ad un sindacato o ottenere un passaporto.
Bisognerà aspettare il 1948 perché, nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (ancora!), venga esplicitato che i diritti spettano senza distinzione di sesso (art. 2).
Per chi vuole saperne di più
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