lunedì 13 febbraio 2012

Accadde...un anno fa


13 febbraio 2011
Se Non Ora Quando?

la manifestazione che ha portato nelle piazze italiane più di un milione di donne


video di Francesca Comencini






DONNE MIE
Dacia Maraini


Mie donne assoggettate che io amo per

somiglianza e rancore perchè vi fate

mettere nel sacco mille volte al giorno

come sciocche sbadate buffe sordomute,

silenziose carnefici di voi stesse,

senza sapere niente di voi, donne mie,

senza sapere che siete malnate, malvissute,

maleamate in questa società di soli uomini

che amano se stessi in voi, come un riflesso.

Donne mie assonnate, vigilate, vinte

dall'inerzia di essere sempre impure e

deboli col sangue fluido tra le gambe serrate.



Donne mie malate di essere donne, voi non

sapete quanto siete malate per mancanza

di orgoglio, di ricchezza, di furore,

voi non volete sapere cosa volete,

siete caute, incredule, forti e senza minaccia,

vi accontentate di fare figli, di baciare

bocche bugiarde e sessi trionfali e credete

come due più due fa quattro che Freud ha

ragione nel paragonarvi a delle floride castrate.

Ma no, porco mondo, non sentite l'odore

della Vienna millenovecentodiciannove? e di un dolce

figlio mutilato che cercava le ragioni della

sua mutilazione? non sentite il solito inganno

di chi si crede al centro del mondo,

dell'universo e di tutti i tempi,

in un delirio di maschio faraonico e sventato?



Donne mie dalle dita che puzzano di aglio,

donne mie dalle vene varicose, gli occhi

feroci, le mani insolenti, la bocca timida,

vi hanno insegnato a essere cretine, povere,

dipendenti, vi hanno insegnato a dire

sempre sì, con astuzia degradante, con

candore massacrante, con vigore represso.

Vi hanno insegnato a lavorare, a ubbidire,

a tacere, a figliare, con gioia e purezza

senza acrimonia, per servire, aiutare,

sostenere, consolare l'uomo, sempre lui,

nella sua smagliante illusione razzista.

Donne di marmo, di pece, di latte cagliato,

voi lavorate ogni giorno senza stipendio

per i figli, il marito, i cugini, i nipoti,

i fratelli, i nonni, i padroni tutti

che vi vogliono belle e pure come oggetti sociali.

Se dite di no vi sembra di fare peccato,

per questo dite sempre di sì, con l'animo

sciolto e la testa piena di fumo amaro,

dite di sì e in cambio ricevete un bacio

di buonanotte dal caro figlio del cuore

su una guancia rugosa che sa di lardo e di acqua sporca.



Donne mie amate, proletarie sempre, anche

quando portate pellicce di visone appese

alle spalle, poveri attaccapanni delle vanaglorie

maschili e siete una proprietà, un lusso,

un oggetto prezioso da accudire e curare

con amore possessivo e gelida tirannia.

Donne mie beate che giocate, ma sul serio

a fare le signore, non lo vedete quanto

siete ridicole e impennate, non necessarie

e perciò inumane, decorative, spente!

non sapete niente dei rapporti umani

basati sul lavoro e aspettate che il

marito vi paghi le sigarette, ma non capite

che con le sigarette vi compra pure

l'orgoglio e l'integrità del cuore?



Donne mie illudenti e illuse che frequentate

le università liberali, imparate latino

greco, storia, matematica, filosofia;

nessuno però vi insegna ad essere orgogliose,

sicure, feroci, impavide. A che serve

la storia se vi insegna che il soggetto

unto e bisunto dall'olio di Dio è l'uomo

e la donna è l'oggetto passivo di tutti

i tempi? A che vi serve il latino e il greco

se poi piantate tutto in asso per andare

a servire quell'unico marito adorato

che ha bisogno di voi come di una mamma?



Donne mie impaurite di apparire poco

femminili, subendo le minacce ricattatorie

dei vostri uomini, donne che rifuggite

da ogni rivendicazione per fiacchezza

di cuore e stoltezza ereditaria e bontà

candida e onesta. Preferite morire

piuttosto che chiedere a voce alta i vostri

diritti calpestati mille volte sotto le scarpe.



Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,

sappiate che se volete diventare persone

e non oggetti, dovete fare subito una guerra

dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma

contro voi stesse che vi cavate gli occhi

con le dita per non vedere le ingiustizie

che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi

vi considera delle nemiche, delle rivali,

degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria

tutti i giorni senza neanche saperlo,

contro chi vi tradisce senza volerlo,

contro l'idolo donna che vi guarda seducente

da una cornice di rose sfatte ogni mattina

e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,

scintillanti di collane, ma prive di braccia,

di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio

solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso

(il dovere di amare vi fa odiare l'amore, lo so)

un amore senza scelte, istintivo e brutale.

Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire

donne mie, strigendoci fra noi per solidarietà

di intenti, libere infine di essere noi

intere, forti, sicure, donne senza paura.


pubblicata da Io vedo. Io sento. Io parlo.
domenica 13 febbraio 2011

2 commenti:

  1. C'è qualcuna che non si è commossa, riconosciuta e chiamata in causa in questo scritto? Se c'è, beata lei.
    Grazie Dacia
    da Gianna

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  2. Sì concordo, aggiungendo che se ancora avessimo in piedi il progetto per lo spettacolo, questo sarebbe il tanto ricercato finale. Lo terremo da conto. Albalisa

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